Quella di oggi è la giornata conclusiva delle prove Invalsi. E’ possibile tracciare  – sottolinea il segretario generale della Uil scuola Massimo Di Menna – un breve bilancio di un’esperienza che ha determinato un dibattito ampio e ha fatto registrare da parte degli insegnanti un malessere più che giustificato.

I test e l’Europa

Il primo dato che è possibile rilevare è che le prove, i test, le verifiche a livello nazionale per rilevare gli standard di apprendimento si fanno in tutta Europa.

sono sostanzialmente tre i tipi di test nazionali: obbligatori, a campione e facoltativi.

E’ la Danimarca che si colloca al primo posto della classifica europea per numero di prove con 11 test obbligatori. Malta è al secondo posto con 8 prove obbligatorie alle quali si aggiungo due test facoltativi ed è l’unico paese in cui i risultati dei test servono a determinare la promozione.

Terzo posto per la Norvegia con 6 test obbligatori.

L’Italia (una prova obbligatoria negli esami di Stato al terzo anno di istruzione secondaria inferiore e tre prove nella seconda e quinta classe della scuola primaria, classe prima della secondaria di primo grado, classe seconda della secondaria di II grado) si trova in una situazione simile a quella della Francia (dove ad un test obbligatorio nel primo anno dell’istruzione secondaria inferiore si aggiungono 4 prove a campione e una prova facoltativa.

I test e la burocrazia italiana

Sono almeno le due le criticità che fa rilevare il segretario della Uil scuola: la prima è legata al sistema utilizzato. La seconda all’utilità degli esiti.

La prima cosa che balza agli occhi è che l’Italia spende 1/5 di quanto spende la Francia – fa notare Di Menna – per il proprio sistema di valutazione.

La seconda è data dal metodo seguito: a dicembre, dopo la direttiva di luglio, il ministero ha comunicato che si sarebbero fatti i test, limitandosi ad inviare alle scuole due circolari. L’amministrazione ha ritenuto di aver svolto il proprio compito scrivendo due circolari.

Il resto  scaricato sulle scuole e sui docenti.

Servirebbe modificare radicalmente il ministero: da ruolo amministrativo a supporto tecnico-professionale alle scuole. Cambiano i governi e i ministri ma questo aspetto rimane immutato.

Una gestione tutta burocratica – ammonisce Di Menna – nella quale il coinvolgimento e il supporto all’innovazione (che ha aspetti connessi alla didattica e alla valutazione degli alunni) è stato decisamente insufficiente.

Non più del 20% delle scuole – continua – ha effettuato azioni propedeutiche ai test.

E’ pesante dover ammettere che in alcune scuole – insiste Di Menna – la professionalità degli insegnanti è stata considerata al pari di ‘passa-carte’.

Va poi rilevato che alcune domande dei questionari sono di dubbia utilità.

I test, gli insegnanti e gli stipendi

Per la gran parte degli insegnanti – continua il segretario della Uil Scuola – si è trattato, in ogni caso, di un momento di verifica, di attenzione, di impegno. 

Impegno che è considerato utile per la crescita dei ragazzi ma senza un adeguato supporto, né coinvolgimento, né riconoscimento economico.

L’Italia – commenta Di Menna – è all’ultimo posto in Europa per la retribuzione dei docenti di scuola primaria: un insegnante italiano guadagna 25.160 euro, poco meno della la metà dei colleghi francesi (43.374 €) che sono i meglio pagati d’Europa. 

Al secondo posto i tedeschi (42.052 €) e poi gli inglesi (40.845 €).

Penultimo posto per gli insegnanti italiani di scuola secondaria di primo grado ((27.100 €) seguiti solo dalla Grecia, dove lo stipendio è di 21.212 €.

Primi i tedeschi che hanno uno stipendio quasi doppio rispetto agli italiani (48.534 €) e poi gli inglesi (46.231 €) e i francesi (45.729 €).

Le retribuzioni dei docenti
Stipendi massimi annui nella scuola primaria e in quella secondaria
  Euro   Euro
Francia 43.374 Germania 48.534
Germania 42.052 Regno Unito 46.231
Regno Unito 40.845 Francia 45.729
Portogallo 38.089 Olanda 45.436
Norvegia 37.513 Norvegia 41.759
Danimarca 35.856 Portogallo 39.911
Olanda 35.839 Spagna 39.379
Svezia 34154 Finalndia 38.325
Finlandia 32.090 Italia 27.100
Italia 25.160 Grecia 21.212

 

I test e le opinioni

Abbiamo assistito alla ‘saga delle dichiarazioni’ – commenta Di Menna – dagli interventi degli esperti che hanno puntualizzato aspetti, anche se di opinione diversa, interessanti, anche critici sulla utilità delle rilevazioni con i test, a quelli dei politici che non hanno resistito alla tentazione di trasformarsi in neo-pedagogisti-provetti.

Siamo in un mondo al contrario – aggiunge Di Menna –   là dove la didattica, il rapporto docente-studente, dovrebbero essere centrali, la massima preoccupazione sembra essere quella della verifica del rispetto delle procedure.

La priorità rimane il sostegno alla scuola pubblica.

L’esperienza americana dovrebbe insegnarci qualcosa: quando gli studenti statunitensi hanno ottenuto risultati negativi si è passati ad una gestione ‘privatistica’ dell’istruzione. La conclusione è che, invece di migliorare, gli apprendimenti sono peggiorati ulteriormente.

I test e la loro utilità

A che cosa servono le rilevazioni? E’ una domanda cui va data risposta – continua Di Menna –  perché ci vuole anche un ‘dopo’. Che utilizzo si fa dei risultati delle rilevazioni, che tipo di interventi si possono programmare alla luce di tali risultati. 

Bisogna dare un senso al tutto altrimenti è solo un aggravio di lavoro – ammonisce Di Menna.

Occorre una rivoluzione galileiana che riporti centralità alla didattica, agli apprendimenti, alle scuole, alla professionalità degli insegnanti, all’impegno degli studenti.

Come realizzare tale coinvolgimento?  Il ministero affronti ora per il prossimo anno scolastico, aprendo un confronto con i sindacati rappresentativi degli insegnanti, tutto ciò che si può fare per correggere gli errori, per supportare scuole e insegnanti, per semplificare le procedure perché la fase della rilevazione nazionale degli apprendimenti va portata all’interno della normale attività didattica.

Gli esiti dei test debbono avere una finalità concreta, per interventi mirati, per innalzare la qualità nelle situazioni di maggiore criticità definendo, con una ampia consultazione, la tipologia degli interventi.

Esiti dei test: cosa accade in Europa
Francia vengono organizzati incontri con i sindacati, ricercatori, genitori, per discutere tali interventi.
Spagna vengono utilizzati per ridurre gli insuccessi scolastici e il tasso di abbandono e per individuare interventi di sostegno alle scuole maggiormente colpite dal problema
Irlanda servono per definire interventi di sostegno agli alunni di estrazione umile
Norvegia è stato proposto al Governo di utilizzare i risultati dei test nazionali per dare sostegno agli istituti che hanno riportato risultati scarsi
Portogallo Sono stati definiti piani di azione per il sostegno della matematica e della lingua portoghese
Gran Bretagna L’esperienza ha indotto a dare meno importanza ai test nazionali e si sta studiando una nuova modalità di intervento
Irlanda Mentre si prosegue nei test si invitano gli insegnanti a non tenerli troppo in considerazione ai fini della valutazione sugli alunni
Slovenia  Romania il centro nazionale organizza seminari annuali per presentare i risultati a tutti gli insegnanti

 

E’ del tutto evidente che al di là dell’importanza delle prove nazionali ciò che conta è rappresentato dalle misure che il Governo intende prendere a sostegno delle scuole e del personale anche sulla base dei risultati delle prove.

In ogni caso il ruolo degli insegnanti, il loro coinvolgimento, la loro condivisione, in quanto soggetti centrali nell’attività didattica, è fuori discussione.

E tanto più prevale, per il modo in cui vengono gestiti, una sorta di “obbligo fastidioso”, tanto più si ritarda l’innalzamento della qualità del nostro sistema scolastico, in quanto le risorse per migliorare gli standard sono gli insegnanti.

La Uil insisterà nei confronti del Governo, terminate le prove, per aprire un vero confronto su tale aspetto.

[Dati elaborati dall’Ufficio studi e ricerche della Uil scuola, fonte Eurydice, Ocse, Pisa]